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I dazi UE sui pannelli fotovoltaici cinesi sono una risposta sbagliata, oltre che fuori tempo

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L’Unione Europea ha deciso di fissare forti dazi (tra il 35 e il 67%) sui pannelli solari prodotti in Cina. Le istituzioni europee denunciano il ricorso a pratiche di dumping discorsive della concorrenza da parte delle aziende asiatiche.

Se si guarda ai dati aggregati sulla produzione mondiale di celle fotovoltaiche, si rimane impressionati dai numeri dell’industria cinese: un pannello su tre costruito nell’ultimo quadrimestre del 2012 è stato fatto in Cina. C’è quindi una concentrazione tale da consentire ad un operatore di sfruttare la propria posizione dominante per esercitare pratiche commerciali scorrette?

In realtà, il mercato cinese è tra i più plurali e competitivi. Il grado di concentrazione dell’industria statunitense è più elevato, visto che la First Solar, azienda americana con stabilimenti in Malesia e leader mondiale del settore (con il 6% dei pannelli realizzati nei quattro continenti), è l’unico operatore statunitense nella top ten. Sono, invece, molti i produttori a contribuire al dato aggregato della Cina. Le cinesi SuntechPower, Yingli Green Energy, Trina Solar, SunPower, MotechSolar e Ja Solar occupano, nella graduatoria dei maggiori produttori di celle fotovoltaiche, le posizioni dalla seconda alla ottava.

Non è stato sempre così. Nel 2004 era il Giappone il paese leader nella produzione di pannelli: la quota di mercato degli operatori giapponesi era pari al 51,2%. Pechino ha saputo ben sfruttare il boom della green economy e le opportunità date dai generosi incentivi che i paesi europei (in primis l’Italia) hanno riconosciuto alla produzione di energia da fonte solare nell’ultimo decennio. Le industrie cinesi hanno, quindi, saputo meglio cogliere il momento per scalare le graduatorie e imporsi nel mercato internazionale.

I paesi europei hanno destinato aiuti sostanziosi alla generazione elettrica da fonte solare, senza adottare politiche di sostegno al resto della filiera, ossia la produzione dei materiali e dell’impiantistica. In questo modo sono stati compiuti significativi passi in avanti nel perseguimento degli obiettivi di politica ambientale: nel solo 2011 la produzione di energia fotovoltaica è raddoppiata e la potenza installata aumentata del 50%. Il costo di queste misure è pagato a caro prezzo dai consumatori europei (in Italia, famiglie e imprese pagano miliardi 6,6 miliardi di euro l’anno gli incentivi al fotovoltaico), mentre alla ripartizione dei benefici di tipo economico hanno partecipato gli investitori e i produttori europei e extra UE che hanno investito nella produzione di pannelli e nella realizzazione di impianti fotovoltaici nel continente.

Quello dell’Europa sembra un tentativo fuori tempo massimo di porre rimedio agli errori di valutazione commessi negli ultimi anni, durante i quali molti paesi del continente hanno fissato tariffe incentivanti troppo alte. Sembra, insomma, non aver fatto propria la lezione di Von Mises, secondo il quale dirigismo chiama dirigismo e le distorsione indotte dal decisore pubblico producono effetti non desiderati a cui si tende dare risposta con ulteriori distorsioni.

La reazione dell’Europa è, per altro, tardiva perché interviene proprio nel momento in cui l’abbattimento dei costi dei pannelli (i prezzi si sono dimezzati negli ultimi 2 anni), a cui ha contribuito anche lo sviluppo dell’industria cinese, potrebbe rendere prossimo il traguardo della grid parity e quindi l’emancipazione delle rinnovabili dal bisogno di aiuti di stato. La soglia massima di incentivi a carico dei consumatori, fissata a 6,7 miliardi di euro l’anno dal regime previsto con il Quinto Conto Energia, è ormai prossima. I consumatori hanno sopportato il carico degli incentivi alle rinnovabili. Se sono serviti a qualcosa, in termini di stimolo agli investimenti sull’innovazione, ne avremo la prova quando, grazie a pannelli più efficienti ed economici, pagheremo allo stesso prezzo l’energia più pulita prodotta dalle fonti rinnovabili anziché bruciando combustibili.

Nell’ultimo atto del Governo Monti, la decisione di economia e finanza approvato dal Parlamento in questi giorni, si legge che il Governo ha “manifestato l’intendimento di continuare a sostenere il fotovoltaico, con misure non onerose per i consumatori elettrici”. Non si configura sicuramente come una misura non onerosa a sostegno del fotovoltaico l’imposizione di dazi sui pannelli che contribuirà, invece, ad aumentarne il costo. È prevedibile che i produttori di energia da fonte solare, vedendosi negata la possibilità di approvvigionarsi di pannelli più economici, chiederanno nuovi sussidi a carico dei consumatori e dei contribuenti. Esattamente quello che bisogna scongiurare in un paese in cui bollette più care del 20% rispetto alla media europea erodono il potere di acquisto delle famiglie e la competitività delle imprese.


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